Biografia
La cura e l’aggiornamento della biblioteca dell’Istituto e della Pinali sono state la mia premura fondamentale. La Pinali si compone di due branche: la prima, costituita da tutto il pregevole materiale librario raccolto in oltre un secolo, la donazione primaria, che dà il nome alla biblioteca di Vincenzo Pinali (1802 – 1875), professore di Clinica Medica nella metà dell’Ottocento e successivamente arricchita dai lasciti di pregiate raccolte trasmesse dai professori F. Fanzago (1764 – 1835), Tito Vanzetti (1809 – 1888), A. Tebaldi (1833 – 1895), A. De Giovanni (1838 – 1916), L. Lucatello (1863 – 1926) e N. D’Ancona (1875 – 1931) e la preziosa donazione del fisiologo V. Ducceschi (1871-1952), appassionato e convinto storico della medicina, composta di circa 2000 volumi, che costituisce un Fondo di particolare valore.
A tutto questo materiale si assomma una raccolta di 8 incunaboli medici, 117 manoscritti medici di particolare valore, 481 edizioni cinquecentine e più di ventimila opere di biologia e medicina dei secoli passati. C’è la catalogazione per autore, già compiuta dallo scrivente e da Gustavo Tanfani. Sotto la mia direzione si era iniziata pure la catalogazione per soggetto, che sarebbe stata portata avanti dopo la mia uscita da apposito personale. L’altra branca del materiale librario rappresenta la Biblioteca vera e propria dell’Istituto di Storia della Medicina, da me iniziata e arricchita, frutto del lavoro di scelta e raccolta compiuto sotto la mia direzione. Ci sono gli strumenti per ogni indagine storico medica: enciclopedie, dizionari enciclopedici, collezioni complete delle più importanti riviste nazionali e internazionali di storia della Medicina, della biologia e di storia e filosofia della scienza e di estratti e libri di natura storico-scientifica donati dallo scrivente. A tutto questo materiale si aggiunge una foto-cineteca, una collezione di stampe anatomiche e di tavole murali per uso didattico, trasmesse dallo scrivente e di 32 modelli in cera del primo Ottocento di malattie oculari, acquisiti come omaggio dall’amico e direttore della clinica oculistica prof. Angelo D’Ermo e ancora tra lo strumentario utile buone apparecchiature per riproduzioni fotografiche, films, lettura di microfilms, proiettori e via dicendo.
Il 28 maggio 1965 provai la prima luminosa soddisfazione (avevo già raccolto per l’innanzi tante manifestazioni di stima sotto diverse forme): il prof. Otto Hug, decano della Facoltà medica della prima Università di Monaco, mi invitava a concorrere alla cattedra di Storia della Medicina. Colsi un’eccellente affermazione, ma vuoi per ingenuità vuoi per legame con il mio Paese, non avrei accettato. Del resto avevo già dato tanto a Padova e speravo che avrei potuto raggiungere in questa sede il coronamento delle mie fatiche con l’ordinariato.
Tra il 1965 e il 1966 fui invitato dal Sindaco di Trieste, dott. Mario Franzil, alla partecipazione per consulenza al Comitato per l’istituzione della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Trieste d’accordo con il Rettore Magnifico prof. Agostino Origone.
Venne il 1968, anno a me caro anzitutto perché l’8 febbraio nacque mia figlia Noemi, ma pure perché il 15 dello stesso mese ricevetti una calorosa e affettuosa telefonata da Firenze dall’insigne Clinico medico Antonio Lunedei, geniale cultore anche di studi storico-medici, il quale mi aveva apprezzato negli anni precedenti per alcuni miei lavori a lui assai graditi, il quale con tono affettuosamente perentorio mi disse: <<carissimo Premuda, è giunto il momento fatidico! Comincia a preparare subito un bel curriculum! Il concorso è alle porte. Ti voglio domattina a Firenze per un concreto colloquio. Vieni giù con il rapido da Venezia e ti mando a prendere alla Stazione dal prof. Coturri>>. Lo ringraziai e lo assicurai della mia presenza all’indomani. Il colloquio fu assai cordiale e per me assai lusinghiero.
Il 3 agosto dello stesso anno alla fine della mattinata mi trovavo a Roma sullo scalone esterno del Ministero della Pubblica Istruzione assieme con il collega Luigi Belloni ad attendere la Commissione, che dopo tre giorni avrebbe concluso i lavori. Scesero così Antonio Lunedei che era stato presidente della Commissione giudicatrice, Adalberto Pazzini, Enrico Benassi, Michele Arslan e il segretario Luigi Cattaneo. Lunedei mi abbracciò e lo fece pure Pazzini commosso e lieto della mia vittoria. Pure Benassi, illustre amico dai tempi di Ferrara e Arslan, già mio maestro di Clinica otorinolaringoiatrica nell’anno in cui era scoppiata la seconda guerra mondiale e pure il gentile Cattaneo, si congratularono assai calorosamente. Cattaneo, purtroppo mancato precocemente, lo ricordo sempre quale cortese conversatore con mio figlio in due serate in occasione di un congresso a Mantova. Mio figlio era studente liceale, interessato al problema della Sacra Sindone, tema del quale il Cattaneo si stava occupando e dal quale ebbe interessanti spiegazioni.